Le chiese e le loro tradizioni
I beni ambientali di Atripalda si contraddistinguono proprio per la ricchezza e potremmo dire per lo sfarzo storico-artistico delle chiese ed in quelle manifestazioni religiose e folcloristiche che ad esse fanno capo. Se si eccettua qualche chiesetta scomparsa da anni ed ancor prima del terremoto del 1980, Atripalda ha ben otto chiese distinte in due parrocchie: quattro sulla riva sinistra e quattro sulla riva destra del fiume. Potremmo cosi enumerarle: la Maddalena nella zona archeologica del vecchio abitato, S. Nicola in Piazza Vittorio Veneto luogo di organizzazione della solenne processione del Venerdì Santo, il Carmine in via Roma, S. Pasquale sulla omonima e paesaggistica collina, il Duomo, di S. Ippolisto in pieno centro storico, S. Anna meglio nota come la chiesa delle monache in via Cammarota, S. Maria accanto al vecchio Municipio e l'Annunziata in uno dei più popolari quartieri del paese posta fra il rione Capo la Torre e Razza Dogana Vecchia. Le strutture architettoniche delle chiese atripaldesi variano e talvolta si sovrappongono col variare delle epoche storiche. Naturalmente il più famoso e storico tempio della cittadina del Sabato è il Duomo, nel cui interno ha conservato lo "specus martyrum" oggetto di studi profondi dello storico atripaldese Leopoldo Cassese. Il Duomo raccoglie le reliquie di alcuni martiri cristiani come S. Ippolisto e S. Crescenzo: vi si venerano anche altri santi come S. Romolo e S. Antonio da Padova oltre all'argenteo busto del Patrono S. Sabino (festeggiato due volte all'anno: il 9 febbraio ed il 16 settembre). A differenza del Duomo che si distingue per la severa architettura romanica con i suoi nudi bassorilievi, le altre chiese di Atripalda attraggono per gli sfarzosi affreschi e stucchi settecenteschi e per le preziose icone bizantineggianti di Madonne ispirate a modelli di Montevergine o di S. Maria di Costantinopoli nel vicino capoluogo. Degna di nota ed oggetto di ricerche e studi dell'appassionato storico Sabino Tomasetti è la popolare chiesa dell'Annunziata. Qui le tradizioni tipiche di una dominazione spagnola si facevano sentire attraverso le più umili manifestazioni folcloristiche. Una volta ogni 25 marzo, giorno dell'Annunziata, alcune vecchiette munite di nacchere si esibivano in sfrenate danze accompagnate dalla tipica orchestrina dei quattro: piffero, piattini, tamburo e grancassa. Altre festicciole popolari non mancavano in altri quartieri del paese; non usiamo il presente perché molte usanze si sono col tempo affievolite, se non addirittura sono scomparse. Il 17 gennaio, festa di S.Antonio Abate, presso la Chiesa del Carmine, si svolgeva la tradizionale benedizione dei cavalli. I nobili quadrupedi, infiocchettati e parati a festa, venivano accompagnati dai vetturini delle locali carrozzelle, che in quel tempo svolgevano un utile servizio di trasporto sul percorso Atripalda-Stazione-Avellino. Per la verità in quel tempo vi era un grande rispetto per gli animali. Un vecchio signore di allora si ergeva a protettore dei cavalli e talvolta veniva a lite con quei vetturini che abusavano dello staffile per tormentare i poveri animali. Altre festicciole invernali si avevano il 31 gennaio festa di S. Ciro nella chiesa delle monache o di S. Anna in via Cammarota e che si concludevano con l'occasione dei falò (detti anche fucaroni). Altro falò, alcuni giorni dopo (l'8 febbraio) per i festeggiamenti invernali di S. Sabino. Il 17 maggio, giorno di S. Pasquale, gli abitanti in via Manfredi, festeggiavano con divertenti rotture di pignatte, alberi della cuccagna, corse nei sacchi, ecc.. Nella allora tranquilla e campestre chiesetta di S. Lorenzo, là ove sorge oggi la Scuola Edile, ogni 10 agosto si svolgeva la sagra dei cocomeri e delle "cancellate". La "cancellata" era una specie di tarallo fatto a forma di cancella o di graticola a ricordo del martirio di S. Lorenzo. Queste sono alcune festività minori della religiosità atripaldese, ma le solennità vere e proprie sono (o erano) proprie della stagione estiva. Va detto innanzitutto che ogni chiesa aveva la propria congrega che si distingueva per lo sfarzo delle proprie vesti dagli sgargianti colori, dai ricami e ornamenti dorati. Tutte le congreghe naturalmente concorrevano a partecipare con spirito di emulazione alle solenni processioni patronali. Una delle processioni più solenni era quella di S. Antonio da Padova con imponente partecipazione di fedeli e conseguenti festeggiamenti civili (luminarie, celebri concerti bandistici, manifestazioni sportive e culturali, ecc.). Non meno importanti i festeggiamenti della Madonna del Carmine e di S. Anna, mentre la palma della grandiosità dei festeggiamenti atripaldesi spettava e spetta al Patrono S. Sabino. Le originali gare pirotecniche delle feste di S. Sabino sono restate nella storia di Atripalda prima ancora che lo sviluppo edilizio ed industriale della cittadina del Sabato ne impedisse la tradizionale continuità. Una volta ad Atripalda si sparava dappertutto, persino lungo il fiume. Non potremmo però concludere la nostra breve carrellata sulle feste maggiori o minori di questo festaiolo paese senza accennare ai due maggiori avvenimenti liturgici dell'anno: la Pasqua e il Natale. La spettacolare processione del Venerdì Santo veniva organizzata dai fedeli della chiesa di S. Nicola. La scelta dei costumi d'epoca e dei personaggi della commovente cerimonia era di particolare intuito da parte di alcuni esperti di quel tempo. Vi partecipavano in modo particolare i bambini vestiti sia da guerrieri giudei che da angioletti e Madonnine. Le fasi del sacrificio di Cristo venivano seguite con interesse lungo il Calvario studiato appositamente sulla collina di S. Pasquale, ove si concludeva la mistica cerimonia. I festeggiamenti del Natale erano invece di competenza del clero del Duomo che si avvaleva anche di un ottimo organo e di una piccola "scola cantorum" molto apprezzata. Il Duomo si distingueva anche per i suoi originali presepi affidati alle nobili mani di un vecchietto di quel tempo, il buon Don Antonio Candelmo, un autentico artista che si esibiva talvolta anche come addobbatore in occasione di altre festività. Le processioni del Bambino che si svolgevano nella notte di Natale ma anche in giorni successivi erano accompagnate da sparatorie incredibili ai giorni nostri.
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